Sul web si leggono, da tempo, messaggi rassegnati circa le sanzioni subite per violazioni al codice della strada: “impugnare non conviene, meglio pagare…”.
In effetti, il sistema di impugnazione delle c.d. “multe” è tale da scoraggiare anche il più risoluto degli automobilisti.
In data 1 gennaio 2015 Tizio, nei pressi di Padova, passa a 60 km/h davanti ad un autovelox in zona con limite di 50 km/h.
In data 1 giugno 2015 viene notificato a Tizio il verbale di violazione al codice della strada, che gli concede di pagare una sanzione “ridotta” di Euro 55,90 ove il pagamento avvenga entro 5 giorni. Per agevolare il pagamento gli mandano anche il bollettino postale precompilato.
Siccome ha sentito in giro che le contravvenzioni stradali devono essere notificate entro un certo termine, sennò “scadono”, Tizio si prende lo sfizio di leggersi l’art. 201 del Codice della Strada e scopre che “Qualora la violazione non possa essere immediatamente contestata, il verbale, con gli estremi precisi e dettagliati della violazione e con la indicazione dei motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata, deve, entro novanta giorni dall’accertamento, essere notificato all’effettivo trasgressore…”.
Fatti i conti, la notifica da Padova è in ritardo di due mesi, quindi è divenuta inefficace.
A quel punto, Tizio decide di fare ricorso e, sul retro del verbale di contravvenzione, trova spiegato che: o fa ricorso al Prefetto (entro 60 giorni) o lo fa al Giudice di Pace (entro 30 giorni).
Tizio sceglie la prima via (più veloce e meno costosa): scrive un breve ricorso ed allega come prova il verbale notificato, dove risultano le date ed il ritardo di notifica.
Il prefetto, in base all’art. 204 C.d.S, ha il compito di esaminare “il verbale e gli atti prodotti dall’ufficio o comando accertatore, nonché il ricorso e i documenti allegati, sentiti gli interessati che ne abbiano fatta richiesta, se ritiene fondato l’accertamento (di polizia, n.d.r.) adotta (…) ordinanza motivata con la quale ingiunge il pagamento di una somma determinata (…). Ove, invece, non ritenga fondato l’accertamento, il prefetto, nello stesso termine, emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti, comunicandola integralmente all’ufficio o comando cui appartiene l’organo accertatore, il quale ne dà notizia ai ricorrenti.”.
Nella prassi accade spesso che il Prefetto, nonostante la palese fondatezza del ricorso, lo rigetti ed emetta un’ordinanza – ingiunzione di pagamento della sanzione (maggiorata di spese) – giustificando la reiezione con la seguente generica formuletta: “i motivi di ricorso non sono sorretti da utili elementi probatori atti a rendere verificabili le ragioni addotte e, (…) conseguentemente, rendono lo stesso ricorso infondato per inadempimento dell’onere probatorio”.
E questo, in effetti, è quanto il Prefetto ha deciso nel caso de quo.
Vien da chiedersi: cos’altro deve provare il cittadino che ricorre contro un verbale notificato tardivamente, oltre alla produzione del documento sul quale c’è la prova scritta del ritardo? Fatto sta che Tizio, a questo punto, si trova davanti ad un bivio: o tace e paga, o alza la voce e ricorre al Giudice di Pace.
Sennonché, per opporsi, deve anticipare spese per contributi di cancelleria e compensi di avvocato di importo multiplo rispetto a quello della multa, il tutto senza avere la certezza di recuperare gli esborsi sostenuti pur vincendo la causa.
Perché? Perché innumerevoli Giudici di Pace, per una distorta visione del rapporto cittadino-Stato, non condannano la pubblica amministrazione a pagare le spese, anche se dichiarata soccombente in causa.
Di fronte a questi casi, piuttosto frequenti, di giustizia data sulla carta e negata nei fatti, è ovvio che il singolo individuo può poco o nulla, a meno che non ne faccia una questione di principio costi quel che costi.
Più conveniente potrebbe essere, invece, la strada per così dire collettiva, quella cioè percorribile avvalendosi dei mezzi di una delle tante associazioni di consumatori (Altroconsumo, Federconsumatori, etc) costituite apposta per fronteggiare lo strapotere dello stato nei confronti del singolo cittadino
Prima tante opposizioni davanti ai giudici di pace e, poi, se non mutano tendenza da sè (sulla condanna alle spese), altrettanti ricorsi in cassazione. Di solito, quand’è intasata di proteste convergenti, la suprema corte si arrende.
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